Kyoto, Firenze d’Oriente (Palazzo Imperiale e castello Nijo)
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Pranziamo a base di kitsune udon in un bistrot nel parco. Scopro che è una tipica ricetta del Kansai e che il nome di questo piatto ha un'origine molto curiosa, la traduzione significa "spaghetti in brodo della volpe" perchè secondo il folklore il cibo preferito delle volpi e del kami Inari sarebbe l'aburaage, il tofu fritto ripiegato che caratterizza questa zuppa.
E' delizioso, il brodo alla fine si beve poi direttamente dalla ciotola, o forse no, ma che importa lo faccio comunque perchè è davvero buono, il tofu fritto invece è strano, leggermente insipido e sinceramente sembra un po' una una spugna.
Alle 13.45 come ci è stato raccomandato ci facciamo trovare arrivano all'ingresso del Palazzo Imperiale e la visita guidata puó cominciare.
Rimango subito colpita dalla sua disposizione: varcata la Kerei-mon, la porta a sud, ci ritroviamo infatti in una specie di grande cortile, ricoperto di ghiaia e decisamente spoglio, sul quale si affacciano diversi edifici, piuttosto semplici, che sembrano una città dentro la città.
Sei cancelli, ognuno dedicato ad una diversa categoria di cortigiani, dai funzionari di corte, ai nobili, ai bambini della famiglia imperiale congiungono il complesso con il mondo esterno, mentre solo uno di essi era riservato all'imperatore.
Mi rendo subito conto che il palazzo è molto diverso da quello che immaginavo, e che entrando bisogna lasciarsi alle spalle qualsiasi idea di grande reggia europea e di sfarzo alla quale per secoli siamo stati abituati ed occorre invece immergersi in un ideale estetico più giapponese di armonia e semplicità. Un' altra curiosità necessaria per comprendere la sfarzosità celata di questo posto è che per i canoni dell'architettura giapponese classica, la gerarchia e l'importanza degli edifici non veniva misurata come in occidente dall'altezza o dal numero di piani di un palazzo, ma anche dalla caratteristica del tetto.
A malincuore scopro però che l'esperienza col gruppo e la guida sono pessime.
In 45 minuti non mi viene detto nulla che non avrei potuto leggere tranquillamente su internet, non è possibile entrare all'interno degli edifici e siamo costretti a muoverci al ritmo degli altri, oltre che è quasi impossibile fare foto decenti, ma purtroppo è l'unico modo di visitarlo.
Così, tutti insieme appassionatamente attraversiamo la scenografica porta rossa Jomei-mon che conduce al cortile dell'edificio principale, lo Shishinden, dove venivano celebrate le incoronazioni e le cerimonie più importanti e dove si trova la stanza del trono.
E' molto elegante, ed una peculiarità che salta subito all'occhio è che è si sviluppa ordinatamente con una serie di pilastri distanziati regolarmente secondo il ken, un'unità di misura tradizionale
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Qui è stata raggiunta la quintessenza della semplicità, così che l'architettura di questa sala divenne talmente famosa da dare origine ad un vero e proprio stile architettonico tipico del periodo Heian (794-1185), che prese appunto il nome di Shinden-zukuri.
Come da tradizione, i pavimenti che si intravedono all'interno sono ricoperti di tatami, mentre alle pareti si intravedono i bellissimi dipinti della scuola Tosa.
Di fronte ad un'altra sala chiamata Kogosho, dove l'imperatore riceveva i messaggeri dello shogun si trova il giardino Oike-Niwa, che offre un bellissimo scorcio su un laghetto e il suo tipico ponte, con un airone che sembra essersi messo in posa per le mie fotografie.
Finito il nostro tour cerchiamo un autobus che ci porti al castello Nijio, troviamo quasi la fermata quando una simpatica vecchietta in bicicletta, vedendoci con la cartina in mano (è una cosa che capita davvero di frequente, qui il turista con la cartina è una missione: va aiutato e portato a destinazione) decide che abbiamo bisogno di aiuto ed in una stranissima lingua che probabilmente non era giapponese, ma arabo ci fa capire che stiamo andando nella direzione sbagliata e che è molto meglio andare a piedi.
Peccato non sappia che abbiamo duemila km in due giorni di camminate alle spalle ed il pass giornaliero per il bus. Morale della favola ci fa fare una sfacchinata, perdere un sacco di tempo e ci insegue pure! A metà strada ci sentiamo chiamare: ha fatto due origami per noi. Che carina.
Prendiamo comunque l'autobus per l'ultimo tratto e finalmente arriviamo al castello, un complesso fortificato eretto nel 1601 dal primo shogun del periodo Edo, Tokugawa Ieyasu, lo stratega che ispirò il personaggio di Toranaga nel mio libro preferito, "Shogun" di James Clavell. Fu residenza e simbolo della potenza dello shogunato per quasi 270 anni fin quando nel 1867 l'ultimo della dinastia Tokugawa si dimise al cospetto dell'imperatore. Oggi è nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
E' impossibile non fare un confronto con il palazzo imperiale appena visitato e non notare che si tratta sorprendentemente di una dimora molto più sfarzosa della prima, quasi ad indicare che la potenza dello shogun, il signore della guerra fosse superiore a quella dell'imperatore. E' circondato da un fossato imponente ed anche qui all'interno delle mura si trova un insieme di più costruzioni, la più importante delle quali, chiamata Ninomaru, è composta da sei edifici separati, collegati tra loro e disposti in diagonale.
Ed è uno spettacolo: all'interno è possibile visitare numerose stanze e come a Himeji, bisogna togliersi le scarpe. Una caratteristica molto famosa del corridoio che conduce alle diverse sale sono i "pavimenti dell'usignolo", progettati per volere di Tokugawa Ieyasu per produrre un particolare scricchiolio se calpestati, in maniera che segnalassero alle guardie la presenza di intrusi notturni, in particolare dei silenziosi ninja. Gli interni, sfortunatamente non fotografabili sono assolutamente straordinari, completamente decorati in foglia d'oro dal celebre pittore Tanyu Kano, mentre all'esterno ci si affaccia su un magnifico parco.
Ritorniamo a Gion, questa volta provando ad allontanarci dalla via principale ed inoltrandoci nei vicoli secondari che sono anche molto più belli. Incrociamo addirittura due tour guidati che con tanto di pila sono in cerca di geishe, ma niente da fare, io sono affamata ed esausta, andiamo a mangiare, ci riproveremo domani sera.
Troviamo un posticino carino tra Pontocho (dopo un tentativo di avvistare qualche geisha anche li) e il nostro hotel, che cucina teppanyaki, cioè alla piastra.
Ordiniamo di tutto: due diversi tipi di yakisoba, gli spaghetti saltati, gli okonomiyaki che già conosciamo e naturalmente il sakè!
Qui ogni singolo tavolino ha la sua piastra, una volta ordinato il cuoco arriva e cucina direttamente sul teppan dei commensali, cosa che trovo veramente molto carina e caratteristica. Sarà lo sbrano, ma è veramente tutto molto buono, anche se ad essere sincera l'okonomiyaki di Hiroshima era migliore, cosa che non mi stupisce molto sapendo che si tratta di una specialità tipica di quella zona.
Torniamo all'albergo, la giornata è stata intensa e domani ci sono tante altre cose da vedere.