Kyoto, Firenze d’Oriente (Kinkaku-ji, il Padiglione d'Oro, Ryoan-ji, Arashiyama e la Foresta di bambù)
Il Padiglione d'Oro
|
Kyoto, ore 09.00
Ce la prendiamo con calma questa mattina, abbiamo ancora tutto oggi e mezza giornata domani per visitare tranquillamente la città e dopo il tour de force di ieri meritiamo di rilassarci un po'. Scendiamo per fare colazione e come al solito lasciamo le chiavi alla reception.. ma questa volta il concierge mi spiazza chiedendomi: "Check out?"
É una doccia gelata. Non so come sia potuto succedere, ma ho contato male le notti ed oggi dobbiamo andarcene. Niente gita ad Arashiyama, niente Kinkakuji.. niente geishe!
Ho la morte nel cuore, cerco di non farmi prendere dal panico e rifletto: nel mio programma sbagliato avevo lasciato la mattina della partenza libera proprio per visitare quello che eventualmente non fossimo riusciti a vedere in questi giorni, quindi se andiamo subito al Kinkakuji, e facciamo una scappata al Ryoanji, accorciando la gita ad Arashiyama forse c'è ancora una speranza.. tranne per le geishe che purtroppo non c'è più niente da fare.
Quindi via di corsa, valigie al volo e siamo già sul bus per il Padiglione d'Oro.
L'errore è quello di portarci dietro i bagagli e non lasciarli all'hotel, confidando nei coin lokers che peró nei pressi di Kinkakuji non ci sono. Non possiamo certo visitare il Padiglione con le valigie appresso! Saliamo su un altro bus diretti alla prima stazione dei pullman, Kitaoji e li cerchiamo. Al primo piano sono tutti occupati, al secondo due sono liberi, ma nonostante tutti i nostri sforzi la valigia più grande non ci sta.
Lasciamo la stazione dei bus e prendiamo la metro, solitamente ha maggiori armadietti e più ampi. Li troviamo a Kurama-guchi. Rifacciamo al contrario il percorso e torniamo al Kinkakuji col morale a terra.
Abbiamo perso un sacco di tempo e in più piove. Ma forse è vero che la fortuna aiuta gli audaci: la pioggia cessa subito ed esce il sole.
É una doccia gelata. Non so come sia potuto succedere, ma ho contato male le notti ed oggi dobbiamo andarcene. Niente gita ad Arashiyama, niente Kinkakuji.. niente geishe!
Ho la morte nel cuore, cerco di non farmi prendere dal panico e rifletto: nel mio programma sbagliato avevo lasciato la mattina della partenza libera proprio per visitare quello che eventualmente non fossimo riusciti a vedere in questi giorni, quindi se andiamo subito al Kinkakuji, e facciamo una scappata al Ryoanji, accorciando la gita ad Arashiyama forse c'è ancora una speranza.. tranne per le geishe che purtroppo non c'è più niente da fare.
Quindi via di corsa, valigie al volo e siamo già sul bus per il Padiglione d'Oro.
L'errore è quello di portarci dietro i bagagli e non lasciarli all'hotel, confidando nei coin lokers che peró nei pressi di Kinkakuji non ci sono. Non possiamo certo visitare il Padiglione con le valigie appresso! Saliamo su un altro bus diretti alla prima stazione dei pullman, Kitaoji e li cerchiamo. Al primo piano sono tutti occupati, al secondo due sono liberi, ma nonostante tutti i nostri sforzi la valigia più grande non ci sta.
Lasciamo la stazione dei bus e prendiamo la metro, solitamente ha maggiori armadietti e più ampi. Li troviamo a Kurama-guchi. Rifacciamo al contrario il percorso e torniamo al Kinkakuji col morale a terra.
Abbiamo perso un sacco di tempo e in più piove. Ma forse è vero che la fortuna aiuta gli audaci: la pioggia cessa subito ed esce il sole.
Giusto in tempo per farci ammirare questa meraviglia in tutto il suo splendore!
Costruito nel 1397 come villa per lo shogun Ashikaga Yoshimitsu, divenne alla sua morte un tempio Zen della scuola Rinzai, come il tempio Kodaiji ed un reliquario del Buddha. Completamente ricoperto di foglia d'oro il Padiglione si affaccia su un delizioso stagno a specchio chiamato Kyoko-chi le cui isole e pietre rappresentano la storia della creazione secondo il Buddismo. Come altri numerosi monumenti storici giapponesi prese fuoco più volte nel corso dei secoli, l'ultima a causa di un incendio appiccato da un monaco novizio nel 1950. Ricostruito nel 1955, oggi è un bene dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
Ma in verità siamo qui per vedere il suo famosissimo karesansui, il giardino di pietra che è possibile osservare dalla veranda dell'hojo, l'antica dimora dell'abate del monastero.
L'origine del giardino è dibattuta. Secondo alcuni studiosi venne costruito contemporaneamente all'hojo nel 1499, tuttavia si narra di una visita di Toyotomi Hideyoshi in cui rimase particolarmente colpito dalla bellezza di un albero di ciliegio, un tempo elemento principale della composizione e che oggi non esiste più, ma di cui rimangono tracce di parte del suo tronco nell'angolo nord-ovest del karesansui.
Siccome non si fa alcun cenno della presenza delle pietre si suppone che siano state aggiunte successivamente. In alcune descrizioni del 1680 si parla di nove pietre, raffiguranti una tigre che aiuta i suoi cuccioli a guadare un fiume.
Soltanto nel 1799 appare la prima rappresentazione del giardino così come lo conosciamo oggi: un rettangolo di sabbia bianca modellata con un moto ondoso con isole di rocce scure disposte in gruppi, secondo un ordine apparentemente casuale, ma che invece obbedisce a precisi criteri di equilibrio ed armonia.
Le pietre ora sono 15, ma siccome è progettato per essere un Koan (un indovinello che non prevede una soluzione) da qualsiasi angolazione lo si guardi, è possibile contarne solo 14, a simboleggiare quel qualcosa del tutto che sfugge sempre alla comprensione dell'uomo.
Ed è solo attraverso la meditazione, raggiungendo l'illuminazione che è possibile vedere la quindicesima pietra.
Di nuovo sul bus questa volta destinazione Arashiyama per passeggiare nella famosa foresta di bambù, un altro luogo talmente suggestivo da sembrare dipinto.
Nel complesso tutto il quartiere è molto carino, una meta turistica affollata di negozi di souvenir un po' come Higashiyama, ma circondata da una vegetazione lussureggiante. Purtroppo non abbiamo il tempo di visitare nessun tempio, ma in compenso ci godiamo il verde e la passeggiata sul fiume Hozo.
È davvero giunto il momento di lasciare Kyoto, prendiamo il bus per Kitaoji, la metro per recuperare le valige a Kurama-guchi, e mentre ci dirigiamo verso la stazione penso a questa bellissima città, non per niente la paragonano alla nostra Firenze, mi ha dato tantissime emozioni e sono riuscita in così pochi giorni a fare tutto quello che mi ero prefissata, ho solo un grandissimo rammarico.. non essere riuscita a vedere, nemmeno di sfuggita, una di quelle misteriose donne con il volto dipinto di bianco e le labbra scarlatte. Lo desideravo così tanto. Chissà poi se ci sono davvero ancora a Gion o se è solo una trovata per attirare i turisti?
Arriviamo alla stazione, varchiamo il gate Shinkansen e cerchiamo la biglietteria dove prenotare i nostri posti, si parte per Tokyo. Ma Kyoto ha un'ultimissima sorpresa per me.. proprio nella sala d'aspetto della linea Shinkansen due visi candidi come neve spiccano tra gli altri.. eccole!
Sono talmente emozionata che mi tremano le mani, non voglio assolutamente disturbarle perchè troppo spesso vengono importunate dai turisti, ma devo almeno fotografarle.
Le ho rincorse per tutta Gion e alla fine le ho trovate alla stazione: sono una geisha ed una maiko, con tanto di accompagnatrice. La maiko, cioè l'apprendista, si riconosce per via del trucco e dell'acconciatura più appariscenti e per il colletto rosso.
Peccato solo che abbiano indosso il coprikimono per proteggere la seta durante il viaggio, ma sono comunque bellissime e si muovono come due farfalle.
Ho addirittura la fortuna di rincrociarle sulla scala mobile e l'attimo in cui la maiko si volta impercettibilmente a favore della mia fotocamera so di stare vivendo uno dei momenti più belli di questo viaggio.
Ed ora che ho realizzato anche questo grandissimo sogno, posso proprio partire per Tokyo.