Caccia alle geishe
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Ci alziamo velocemente, avevamo concordato con la cameriera di fare colazione alle 07.30 ed infatti, puntualissimo, alle 07.20 sentiamo bussare alla porta. Lei porta via i futon ed arriva con i vassoi.
L'esperienza in ryokan è particolare, forse non adatta a tutti, di sicuro non a chi è schizzinoso con il cibo o a chi non ama la cucina giapponese. Io mi sono preparata psicologicamente perchè so che anche a quest'ora l'asa-gohan, la colazione tradizionale, prevede pesce ed alghe, ma rimango comunque basita nel vedere che mi viene servita una versione ridotta della cena di ieri sera. Va bene che mi volevo completamente calare nella cultura nipponica, ma forse qui ho un po' esagerato.
Calamaro, tsukemono (le verdurine in agrodolce che ricorrono spesso), zuppa di miso e vongole, tamagoyaki (una frittatina arrotolata e dolciastra), una strana, ma gustosa "spugna" con altre verdurine e fiorellini (non ho ancora capito che cosa sono, si trovano anche nel bento e somigliano vagamente al surimi), alga nori che non so proprio dove infilare, uno strano pesce essiccato, riso e il malefico fornellino del nabemono questa volta per il yudofu, il tofu cotto nel brodo. Il tutto non è male, ma alle sette e mezza del mattino, appena alzata e senza caffè è davvero troppo, soprattutto la zuppa con le vongole!
Mi preparo per uscire di nuovo. Il treno per Kyoto è alle 10:30 e fino alle 10 il pass per gli onsen è valido. Torniamo al Goshonoyo, il mio preferito. Scopro che per complicarmi un po' le cose hanno invertito le sale e gli spogliatoi uomini-donne. In realtà è un'idea molto intelligente, i bagni separati differiscono l'uno dall'altro e così gli stabilimenti termali da provare raddoppiano. Il rituale è lo stesso: lavarsi, sciacquarsi, entrare nell'acqua calda a lessarsi. Questa volta l'asciugamanino l'ho portato e va meglio. Incomincio davvero ad apprezzare la cosa: dopo ci si sente incredibilmente rilassati e sgonfi e la pelle è liscissima. Finito il rito rientriamo in ryokan e facciamo check out, ci aspetta il diretto per Kyoto. Arriviamo alle 13 e resto impressionata dalle dimensioni della stazione.
Al suo interno ci sono diversi centri commerciali, ristoranti, hotel, alcuni uffici dell'amministrazione cittadina e perfino un cinema! Ci sarebbe da perdersi, ma non voglio sprecare troppo tempo, così per pranzo ci dividiamo un bel bento e poi cerchiamo con calma l'albergo dove lasciare i bagagli. Ci serve la metro e rimango sgomenta dalla complessità della mappa, per fortuna l'hotel è proprio in una posizione comoda. Doccia lampo e riusciamo. Siamo molto vicini a Gion, il famoso quartiere di geishe che fremo all'idea di visitare. E' molto antico, nato per accogliere i pellegrini in visita al vicino santuario di Yasaka e successivamente diventato noto per i suoi due hanamachi: Kobu e Higashi. In particolare Gion Kobu è ancora oggi il più importante distretto di geishe della città, chiamate geiko, che nel dialetto di Kyoto significa "figlia delle arti". Qui, a metà dell'800, nel periodo di massimo splendore, le ochaya, le case da tè, erano più di 700 e venivano animate da più di 300 tra geiko e maiko, particolarmente apprezzate per la loro raffinatezza e considerate le migliori del paese.
Decidiamo di visitare il santuario shintoista Yasaka, a lungo collegato alla comunità locale e famoso per il Gion Matsuri, il festival religioso che si tiene ogni anno a luglio per placare gli spiriti ed invocare la protezione del dio Takehaya Susanoo-no-Mikoto, il kami delle tempeste.
Varcato il cancello d'ingresso scopro che è composto da diversi edifici e confina con il Maruyama Koen, uno dei parchi migliori della città per ammirare i sakura in primavera. Girovaghiamo tra i templi mentre i fedeli compiono offerte e pregano, ed io sono colta dallo stesso senso di tranquillità e pace che mi aveva presa a Itsukushima.
Ricaricata di quiete, decido di spostarmi a Pontocho, letteralmente il quartiere del ponte, il secondo dei cinque hanamachi di Kyoto. Per raggiungerlo mi godo il cielo rosa sul fiume Kamo.
Il cuore di questo distretto è costituito da un lungo vicolo che costeggia il lato ovest del Kamo, tanto che le sue ochaya sono caratteristiche perchè hanno grandi verande che si affacciano sul fiume.
Forse complice la sera, Pontocho supera le mie aspettative. L'atmosfera qui mi pare più autentica e si fa magica tra le lanterne di carta, e mentre man mano mi addentro nel vicolo stretto mi sembra di tornare indietro nel tempo e di lasciarmi il presente alle spalle.
E' molto caratteristico: gli spaghetti vengono tagliati e cucinati al momento, si sceglie la preparazione preferita ed accanto alla cassa c'è un meraviglioso buffet di tempura per accompagnarli.
Riacquistate un po' le forze, torniamo a Gion perchè l'ora migliore per incontrare le geishe è dopo il tramonto e facciamo un salto lungo il torrente Shirakawa, dove si affacciano i retro delle case da te. Mi riprometto di passarci di giorno a scattare qualche fotografia e faccio un ultimo tentativo di avvistarle, appostata di fronte ad un ochaya.
Ma è inutile e sono troppo stanca, ci riproverò domani!