Chinatown
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Nella piazza centrale punto di intersezione delle vie di Nankin-machi, sotto le lampade al sodio si respira un'atmosfera vermiglia particolare, contraffatta e magica, mentre vicino al padiglione dei segni zodiacali si diffonde nell'aria il profumo esotico del cibo di strada. Ci sono diversi ristoranti, ma per via delle scritte in cinese non riesco a trovare quello che mi ha indicato Kaai, quindi optiamo senza troppi rimpianti per una degustazione di street food.
Come prima cosa assaggio un baozi, una specie di panino morbidissimo cucinato al vapore con un ripieno vagamente agrodolce di carne di maiale, funghi e cipolla. Poi uno spiedino di pollo fritto che mi delude un po' e una micro tagliata di manzo di Kobe, buona, ma un furto (costa 35€ mentre tutto il resto oscilla tra 1.40€ e i 2.50€).
Ci spostiamo e in un'altra bancarella troviamo finalmente i ravioli di gamberi, che nonostante l'igiene generale un tantino approssimativa sono ottimi, degli spiedini dolci a base di riso fritto ed alga nori, un po' troppo unti e gommosi per i miei gusti e i goma dango (il cui nome è già di per sè tutto un programma), ovvero una specie di gnocco di sesamo fritto, ripieno di anko.
Rientrando verso la stazione di Motomachi, dopo questo assaggio di Cina non posso fare a meno di confrontare il popolo di Nankin rispetto ai giapponesi. L'impressione che ho avuto è che, come gli ideogrammi sembrano gli stessi, ma non lo sono, esistono differenze somatiche, anche se generalmente noi occidentali, non notiamo. Poi quelle culturali. In primis la pulizia: in Giappone è tutto così pulito che è quasi impossibile da descrivere, se non lo vedi, non ci credi. Queste bancarelle invece, somigliavano molto di più a quelle di una capitale europea che alle sorelle distribuite nel resto della città. Ed anche se stasera sono stati tutti cortesi, la gentilezza, l'eleganza e l'accoglienza giapponese sono semplicemente un'altra cosa.